Il Village va in fiamme: chi sono i responsabili?

Ostia, 21 febbraio 2025 – Un incendio ha distrutto lo stabilimento balneare Village di Ostia, una struttura che, per anni, ha fatto parte di un contesto di inchieste e scandali legati alla gestione di beni confiscati alla mafia. La notizia ha avuto risonanza a livello nazionale, facendo finire l’incendio sotto i riflettori delle cronache politiche e sociali. L’amministrazione del X Municipio, di fronte all’atto criminale, ha prontamente preso posizione, attribuendo l’incendio alla recente messa a bando di vari stabilimenti balneari sul litorale di Ostia, suggerendo che potrebbe trattarsi di un avvertimento per chi sta cercando di cambiare la gestione balneare della zona.

Tuttavia, la domanda che aleggia in città è: davvero l’incendio al Village ha come unica causa il tentativo di modificare la gestione balneare? Oppure ci sono altre dinamiche più profonde che meritano attenzione? Per capire a fondo la questione, è necessario fare un passo indietro, analizzando gli sviluppi che hanno portato l’ex stabilimento dei Fasciani a diventare uno dei beni confiscati alla mafia e, successivamente, un obiettivo di gestione controversa.

Un passato oscuro: il Village tra mafia e riciclaggio

Il Village di Ostia è stato tolto ai Fasciani, per essere preso in carico dallo Stato come bene confiscato. Dal 2019, la sua gestione è stata affidata a una federazione che si è occupata della sua amministrazione fino al 2022. Tuttavia, l’inchiesta della Guardia di Finanza ha rivelato che la federazione, sotto la direzione di alcuni dei suoi membri, riciclava oltre 4 milioni di euro, con i vertici coinvolti accusasti per associazione a delinquere, truffa e riciclaggio. Uno scandalo che ha scosso profondamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni statali, sollevando il dubbio su quanto sia efficace e trasparente la gestione dei beni confiscati alla mafia.

Nel 2019, gli amministratori giudiziari Francesca Sebastiani e Angelo Oliva avevano affidato la gestione del Village per quattro anni a Roberto Messina, presidente nazionale della Fondazione Federanziani, che si era aggiudicato il bando. Subito erano emerse ombre sulla scelta di Messina, che aveva introdotto alcuni dipendenti dal passato controverso, come Patrizio Gabriele e suo fratello Valerio. Quest’ultimo è sposato con la figlia del boss mafioso Guarnera, un membro della camorra legato alla famiglia Iovine, una delle organizzazioni criminali più potenti d’Italia.

Il cambio di gestione e le ombre sulla De Meo

In seguito il Village  passa sotto la gestione della Dottoressa Palermo Di Meo, che come sottolinea in più occasioni è coadiutore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia e presidente della società Malibù. Il cambio di gestione non ha portato la tanto sperata stabilità e trasparenza. Piuttosto, la situazione è peggiorata: lo stabilimento è stato lasciato in uno stato di completo abbandono, con il ristorante e la struttura stessa ridotti in condizioni di totale distruzione. Un sopralluogo effettuato da Ostiawakeup ha confermato quanto sospettato: il Village non è più operativo, la struttura sembra abbandonata da tempo, e non c’è nessun custode o sorveglianza a proteggere il sito. Questo ha permesso a chiunque di entrare e vandalizzare il bene, che oggi necessita di migliaia di euro per essere rimesso in sesto.

village video Sopralluogo ostiawakeup al Village

Le domande che sorgono sono molteplici: come è possibile che una struttura di proprietà dello Stato sia lasciata in queste condizioni? Perché non è stato messo a bando per una gestione trasparente? Perche’ gli abusi fatti in precedenza non sono stati ancora eliminati? Fino a quando le autorità continueranno a ignorare le evidenti lacune nella gestione dei beni confiscati?

I sospetti su abusi edilizi e debiti

Ci sono molteplici ragioni per cui il Village non è stato messo a bando dal Comune di Roma, e una delle principali è la possibile presenza di abusi edilizi irregolari che coinvolgono la struttura.

Inoltre, un altro fattore inquietante è rappresentato che potrebbero esserci debiti accumulati dalla società Malibù, che continua a essere presieduta dalla Dottoressa Giovanna Palermo Di Meo. La gestione economica del Village potrebbe essere stata compromessa dalla difficile situazione finanziaria della società, alimentando il sospetto che si stia tentando di nascondere disfunzioni e difficoltà finanziarie dietro una gestione disattenta.

La questione della responsabilità della De Meo

 

Un aspetto che merita attenzione è il ruolo della Dottoressa Palermo Di Meo e la sua permanenza al vertice della gestione del Village. La sua posizione come coadiutore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia e come rappresentante della società Malibù solleva una serie di interrogativi. In seguito all’incendio del Village, la domanda che molti si pongono è: perché l’Agenzia antimafia non ha preso provvedimenti nei confronti della De Meo? Non dovrebbe forse rispondere dell’omessa custodia di un bene dello Stato, come previsto dall’articolo 351 del codice penale? Questo articolo stabilisce che chiunque abbia la custodia di beni dello Stato e non adempia ai propri doveri, mettendo a rischio la sicurezza o l’integrità del bene, può essere perseguito penalmente. La De Meo ha avuto la responsabilità di tutelare il Village, ma non è riuscita a evitare che fosse lasciato in uno stato di abbandono e, successivamente, che venisse distrutto da un incendio.

Le implicazioni politiche e sociali e l’Osservatorio Municipale per la Legalità

La politica locale con l‘Osservatorio Municipale per la Legalità e l’Antimafia Sociale  è pronta a usare l’incendio come una piattaforma per criticare la gestione dei beni confiscati alla mafia e chiedere più trasparenza nelle operazioni di bando e gestione delle strutture? Tuttavia, al di là delle polemiche politiche, c’è un aspetto fondamentale che non può essere ignorato: la responsabilità delle istituzioni, non solo per il disastro immediato, ma anche per il segnale che questo incidente manda alla cittadinanza. È fondamentale garantire che le strutture confiscate alla mafia non vengano abbandonate o lasciate in mano a chi non è in grado di gestirle, ma piuttosto affidarle a soggetti capaci di restituire loro una funzione sociale e positiva.

Le indagini sull’incendio del Village sono ancora in corso, ma la questione è ben più ampia e coinvolge la gestione dei beni confiscati in tutta Italia. È necessario un cambio di mentalità, una maggiore trasparenza e un impegno reale da parte delle autorità competenti affinché episodi simili non si ripetano. La cittadinanza ha il diritto di sapere chi è responsabile della custodia dei beni dello Stato e di avere la certezza che questi siano trattati con il rispetto che meritano.

Ostia: un futuro incerto

Il Village rappresenta solo un caso tra i tanti in cui i beni confiscati alla mafia sono stati affidati a gestioni problematiche. La situazione di abbandono e l’incendio del 21 febbraio 2025 sono il risultato di anni di disattenzione e mancanza di responsabilità. Oggi, la politica locale e nazionale è chiamata a dare risposte concrete e a garantire che le strutture confiscate diventino davvero risorse per la comunità, e non luoghi di degrado e illegalità. La gestione di questi beni è una questione di giustizia sociale e di fiducia nelle istituzioni, e il Village è solo l’ultimo, drammatico esempio di quanto sia urgente un cambiamento.

Mauro Delicato

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