Sentenza Maricetta Tirrito – Una giornata in tribunale: La verità dietro la condanna

Last Updated: 13 Febbraio 2025By

Oggi, finalmente, Ardea e Ostia hanno assistito all’evento che attendevano da oltre un anno: la sentenza per “l’amministratrice della fatiscente RSA di via Isernia di Ardea”.

L’attesa e la tensione di Ardea e Ostia
La mattinata è stata particolarmente carica di emozioni. Fin dalle prime ore del mattino, la cittadinanza di Ardea e Ostia, ma non solo ci ha contattato incessantemente per avere aggiornamenti in tempo reale. Ostiawakeup si è svegliato alle 6 del mattino per essere presente all’udienza, rimanendo sul posto fino alla fine. Una giornata storica, che ha visto molti cittadini e curiosi affollare il tribunale di Frosinone.

La scena in tribunale
Alle 9:15, l’imputata Maricetta Tirrito è entrata nell’aula A del tribunale di Assise di Frosinone, scortata da tre agenti della polizia penitenziaria. La sala si divideva in due: a sinistra i familiari e amici delle vittime, e a destra quelli degli imputati. La parte sinistra era gremita, con così tante persone che ad un certo punto si sono viste persone prendere diverse sedie dalla parte destra per accomodare gli amici delle vittime che volevano sedersi nella parte sinistra. La tensione era palpabile e quando Maricetta Tirrito è entrata, indossando il suo solito completo nero, la sua figura appariva visibilmente diversa da quella di un tempo, quando gli abiti lussuosi e attillati sembravano rappresentare una donna in grande ascesa. Oggi, invece, l’abito sembrava quasi troppo grande per lei.
Nonostante il tentativo di mantenere il controllo, la “dottoressa” Tirrito ha lanciato uno sguardo furtivo verso il pubblico. La tensione è aumentata ulteriormente quando un uomo in sala ha tossito in modo forte, come se volesse attirare l’attenzione dell’imputata, un segno di sfida. La “sociologa” Tirrito ha abbassato la testa, si è seduta vicino ai suoi due avvocati e ha cercato di nascondersi, mantenendo un atteggiamento che sembrava quello di una persona che cercava di sfuggire alla situazione.

Il dibattimento e la decisione del giudice
Il silenzio calato in aula è stato rotto dal presidente del tribunale Antonio Ruscito, che ha dato avvio alla sessione. Una delle richieste significative, quella della giornalista Simona Berterame di Fanpage, è stata quella di poter trasmettere la sentenza in video, un’istanza che è stata approvata, ma con l’imposizione di non inquadrare i volti degli imputati. Un gesto che ha dimostrato l’importanza della comunicazione pubblica di un processo di tale rilevanza. Simona e’ stata l’unica giornalista presente a parte Luigi Centore, storico giornalista di Ardea, minacciato in passato per le sue continue denunce sul malaffare di Ardea.

Poco dopo, l’avvocato di Fabio Corbo, ex compagno di Maricetta Tirrito, ha depositato una memoria, mentre il presidente ha chiesto al Pubblico Ministero, Dott. Ambrogio Cassiani, e agli altri avvocati presenti se ci fossero repliche. L’assenza di obiezioni ha portato alla chiusura del dibattimento e al ritiro della corte in camera di consiglio, con l’indicazione che la sentenza sarebbe stata emessa alle 13:15. L’orologio segnava le 10:15 e l’attesa si faceva lunga.

Un’uscita sotto la scorta

Maricetta Tirrito, scortata dalla polizia penitenziaria, ha lasciato l’aula alle 10:15, camminando rapidamente verso l’uscita, con la testa bassa e fissa sulla porta, evitando di guardare il pubblico che la osservava intensamente. Gli occhi dei presenti, tra curiosità e rabbia, cercavano di scrutare l’imputata, cercando di cogliere qualcosa in più su quella che un tempo era una figura pubblica di riferimento per la lotta alla mafia e la violenza di genere. La sua presenza a Ostia, spesso accompagnata da figure di grande spicco come quando venne a piazza Anco Marzio con il Capitano Ultimo per promuovere la sua associazione antimafia o come quando andava in tv con Don Coluccia per denunciare le aggressioni ricevute a Tor Bella Monaca, ha fatto sì che Maricetta Tirrito fosse una vera e propria “VIP”, una star che oggi non poteva più nascondere la sua caduta in disgrazia.

La giornata di un processo storico
Nel corso della giornata, i cittadini di Ardea, Anzio e Ostia hanno dimostrato un forte coinvolgimento emotivo, con molti che hanno seguito il processo con ansia e speranza di giustizia. L’attesa per la sentenza finale ha alimentato ulteriormente la curiosità per il futuro della Tirrito, la cui figura rimane divisa tra la lotta per la giustizia e il disonore che la accompagna oggi.

Almeno tre ore di attesa,

Cosa significa dover aspettare tre ore per una sentenza?

L’attesa della sentenza in tribunale è stato un momento carico di emozioni contrastanti: ansia, speranza, incertezza. Quando un giudice comunica che ci vorranno almeno tre ore prima che venga emesso un verdetto, il tempo diventa un elemento tangibile, quasi insopportabile. Per i presenti, la prospettiva di un’attesa lunga può sembrare interminabile. Ogni minuto che passa amplifica l’incertezza e fa crescere il bisogno di risposte.

Per il pubblico in aula, il countdown delle tre ore diventa un’esperienza collettiva. Le conversazioni si intensificano, la curiosità cresce e la tensione si fa palpabile. Alcuni si rifugiano nel corridoio o al bar, cercando di distrarsi, ma la mente torna continuamente al motivo di quella lunga attesa: il destino di una persona, la giustizia che deve essere fatta.

Ma cosa significa davvero questa attesa? È il momento in cui la vita di chi è coinvolto nel processo è sospesa, in bilico tra la speranza di una giusta conclusione e la paura di un risultato inaspettato. È anche un momento di riflessione per i testimoni, gli avvocati e le forze dell’ordine, che sanno quanto sia cruciale ogni parola, ogni dettaglio, ogni decisione.

In quel periodo di attesa, il tempo diventa il principale protagonista: un nemico da sconfiggere, ma anche un complice che ci permette di metabolizzare e riflettere su ciò che sta per accadere.

Il presidente ci fa sapere che la sentenza non sarebbe arrivata prima delle 13:15.

La lunga attesa tra i corridoi del tribunale

 

Non appena il presidente e la giuria popolare si sono ritirati per discutere le eventuali condanne, la sala è esplosa in un mormorio di conversazioni. Alcuni sono rimasti in aula, sperando di ottenere informazioni o semplicemente per aspettare di parlare con qualcuno; altri hanno deciso di uscire nel corridoio, dove la discussione sulla sentenza è continuata.

Tra il pubblico, il Commissario di Anzio,  dott. D’Agostino, insieme all’ispettore, ha preso parte alla scena. I due investigatori, che avevano lavorato duramente durante l’indagine, si sono mescolati tra la gente. Con discrezione, osservavano l’andamento del processo, sussurrando tra di loro senza lasciare trapelare nulla. Nonostante la loro presenza, l’incertezza regnava nei volti di chi stava aspettando la sentenza.

Un caffè e le scommesse sulla condanna

La lunga attesa ha spinto molti a rifugiarsi al bar del tribunale. Un gruppo di persone si è riunito intorno a un tavolo, discutendo su quanto tempo ci sarebbe voluto prima della sentenza e, in maniera un po’ provocatoria, si è dato vita a una vera e propria “scommessa” sulla durata della condanna di Maricetta Tirrito. Alcuni suggerivano 10 anni, altri pensavano che la giuria sarebbe potuta arrivare fino a 15 anni, mentre c’era chi prevedeva addirittura 30 anni, un numero superiore rispetto alla richiesta iniziale del Pubblico Ministero. Tuttavia, nessuno si aspettava che il verdetto avrebbe spiazzato tutti.

Un’imputata che sembra diventare vittima

Nel frattempo, accade qualcosa di inaspettato. Una delle imputate si siede con i familiari e gli amici delle vittime, in un’inversione di ruoli che lascia tutti sbigottiti. Da imputata, sembra improvvisamente voler diventare vittima, si avvicina alle vittime e, con tono appassionato, inizia a raccontare la sua versione dei fatti, lasciando intendere che anche lei, a modo suo, fosse stata vittima delle circostanze. La situazione diventa surreale, come se stesse cercando di giustificarsi, anche con il pubblico presente. Quando mi avvicino, mi saluta e mi chiede come sto, con una genuina apertura che mi lascia riflettere su ciò che stava cercando di trasmettere. Silvana, infatti, confessa il suo errore senza vergogna, ammettendo che lo ha fatto per necessità, un’ammissione di debolezza che fa luce su una realtà ben più complessa di quanto immaginato. Promesse non mantenute, difficoltà economiche e un sistema che non l’ha mai supportata: questi sono i fattori che l’hanno spinta a fare ciò che ha fatto.

Ricordi del passato e il ruolo delle forze dell’ordine

Intanto, Simone Centore, che aveva ricoperto il ruolo di assessore alle politiche sociali di Ardea, racconta della sua lotta per far chiudere quella terribile RSA. Mentre mangia un tramezzino, ricorda quanto è stato difficile affrontare una situazione così delicata. Elogia anche la poliziotta di Anzio, che ha giocato un ruolo fondamentale nell’indagine, e non dimentica l’operato della Polizia Locale durante il famoso blitz che ha messo fine a tutto. La solidarietà e il lavoro di squadra tra le forze dell’ordine, le istituzioni e i cittadini hanno reso possibile questo risultato, dimostrando che nonostante le difficoltà, la giustizia può prevalere.

Un incontro inaspettato e nuove rivelazioni

Poco dopo, esco dal tribunale per scattare alcune foto della facciata dell’edificio. Mentre mi avvicino a Luigi, che sta parlando al telefono, sento il suo esclamare: “Mauro Delicato? Sì, sì, è qui davanti a me!”. Sorpreso, mi avvicino e scopro che stava parlando con Luca Di Fiori, l’ex sindaco di Ardea. La conversazione si è rivelata una piacevole sorpresa. Luca mi ha spiegato che mi ha seguito durante tutto il periodo in cui mi sono occupato di questa vicenda e mi ha espresso grande stima e affetto. Mi ha anche confidato che, nel 2015 e 2016, aveva fatto chiudere due RSA gestite da Maricetta Tirrito, un’informazione che mi ha lasciato senza parole. Nonostante i miei attacchi  passati, ho trovato in Luca un alleato più che disposto a collaborare in futuro, un sostegno che mi ha sorpreso positivamente, soprattutto dopo i nostri dissidi pubblici su Facebook. Solitamente i politici ad Ardea ti intimidiscono con le querele.

Il tempo passa e il telefono squilla

Ore 12.00. Il telefono squilla, è un amico giornalista che mi chiede aggiornamenti sulla giornata in tribunale. La tensione è palpabile, ma al momento non c’è molto da dire, se non che siamo tutti in attesa del verdetto. Le parole che condivido sono solo descrizioni di quello che vedo: gli avvocati della difesa, gli imputati, e i familiari delle vittime sono tutti lì, mescolati in un’atmosfera surreale. Mi sorprende l’atmosfera di cordialità tra chi accusava e chi difendeva. I legali, nonostante le tensioni, in aula, si scambiano chiacchiere e risate, proprio come i politici di Ostia, che magari in consiglio comunale o sui social si scatenano in dibattiti accesi, ma poi si ritrovano insieme a prendere un caffè, ridendo e scherzando. Una scena che, sebbene abituale in alcuni contesti, appare piuttosto strana e fuori luogo in un processo di tale portata.

Il rientro in aula A

Mentre l’orologio segna le 12:45, il momento tanto atteso si avvicina. “È ora!”, esclama Roberto. Tutti si alzano, pronti a rientrare in aula. L’ingresso al tribunale di Frosinone avviene sotto il metal detector, proprio come in aeroporto. Se il dispositivo suona, bisogna tornare indietro, rimuovere gli oggetti metallici e depositarli in un contenitore di plastica. Fortunatamente, le guardie all’ingresso sono più cordiali di quelle di aeroporti internazionali come Stanstead di Londra, accogliendo con un sorriso chiunque si avvicini al controllo. L’aula A si trova al primo piano del tribunale, a pochi passi dai bagni. Il corridoio si presenta con lunghi tavoli dove è possibile incontrare chiunque, tranne i detenuti, che vengono scortati dietro le stanze e sono completamente separati dal pubblico. È in questi spazi, lontano da occhi indiscreti, che Maricetta Tirrito viene tenuta durante l’attesa, nascosta e distante dal resto. La giornata è giunta al suo culmine.

13:05 – Il rientro degli avvocati
Gli avvocati entrano in aula, il pubblico è in silenzio, ma un certo nervosismo è palpabile. I parenti e gli amici delle vittime sono seduti, ansiosi, con occhi pieni di speranza ma anche di paura. Gli imputati, che poco prima erano rimasti tranquilli, ora sembrano anch’essi pieni di apprensione. La tensione cresce ogni minuto che passa.

13:11 – Fabio Corbo entra in aula
Il primo a entrare è Fabio Corbo, ex compagno di Maricetta Tirrito. Un volto familiare, che segna un altro momento di questa giornata così attesa. Le persone osservano attentamente ogni movimento, consci del peso di ciò che sta per succedere.

13:12 – Maricetta Tirrito scortata entra in aula
Poi, alle 13:12, l’ingresso più atteso. Maricetta Tirrito entra, scortata dalla polizia penitenziaria. Il suo volto è nascosto, non si gira a guardare il pubblico, ma si dirige velocemente verso i suoi avvocati. Non sembra più la stessa donna che anni prima si faceva ammirare come paladina della lotta alla mafia. Si nasconde dietro i suoi legali, evitando qualsiasi contatto visivo con gli spettatori.

13:15 – L’ingresso dell’avvocato della dottoressa Marina Endjievschi
Pochi minuti dopo, entra anche l’avvocato della dottoressa Marina Endjievschi, parte della difesa, aggiungendo ancora un altro tassello a una scena che sembra ripetersi ma non perdere mai la sua intensità. La tensione, intanto, cresce.

13:30 – Il tempo sembra non passare mai
Le ore passano, ma il tempo sembra non voler scorrere. Ogni secondo è carico di aspettative. La giuria non esce, e l’attesa diventa insostenibile. Nessuna novità, nessun segno che il verdetto stia per arrivare.

14:00 – Il nervosismo cresce
Il pubblico comincia a perdere la pazienza. Il nervosismo si fa più evidente, i visi si fanno più tesi. Si iniziano a sentire i primi commenti sarcastici: “Ma quando finisce questo pranzo?”, sussurra qualcuno dal pubblico. Le risate sono poche, i sorrisi scomparsi da tempo. Le persone, ormai in ansia, si guardano l’una con l’altra, cercando conforto, ma il verdetto è ancora lontano.

14:30 – Il tempo sembra rallentare
Un’ulteriore mezz’ora passa senza nulla di nuovo. Alcuni spettatori si alzano, cercano di rilassarsi o distrarsi, c’è chi deve andare in bagno ma il pensiero di perdersi la tanto attesa sentenza li fa fermare ogni volta. Non c’è spazio per distrazioni. Ogni movimento è pensato per non farsi sorprendere dall’imminente annuncio.

14:35 – Roberta è nervosissima
Si percepisce la tensione che cresce nei volti dei presenti. Roberta, sembra particolarmente nervosa, il suo respiro è affannoso. La sua ansia è evidente.

14:40 – Daniele smania
Anche Daniele non riesce a stare fermo. Ogni momento che passa sembra aumentare la sua impazienza.

14:42 – L’attimo di silenzio
Poi, finalmente, accade l’incredibile. La porta si apre. È l’ora decisiva. Simona la giornalista di Fanpage si avvicina al presidente del tribunale per sistemare il microfono, preparando la sala per la lettura della sentenza. Un silenzio totale cala nell’aula. Tutti i presenti, dalla parte delle vittime agli imputati, non osano muoversi. L’atmosfera è di una quiete surreale. Nessuno parla, nessuno osa respirare troppo forte. Il presidente prende finalmente la parola.

La condanna

 

In nome del popolo italiano, la Corte di assise di Frosinone, dopo aver esaminato con attenzione gli articoli 533 e 535 del codice di procedura penale pronuncia il verdetto:”Maricetta Tirrito“, inizia il presidente, “colpevole dei reati ascritti, viene condannata alla pena di anni 8 di reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali, del mantenimento durante la custodia in carcere e di conservazione delle cose sequestrate”. La lista dei reati a suo carico è lunga e grave: circonvenzione di incapace, riciclaggio, falso ideologico, abuso edilizio.

Per Silvana Loconte, la condanna è di due anni e tre mesi.

La dottoressa Marina Endrjievschi, medico di base implicata nel caso, riceve una condanna di due anni e sei mesi.

Per Fabio Corbo, compagno di Maricetta Tirrito, arriva un’assoluzione piena. La Corte ritiene che non ci siano prove sufficienti per dimostrare il suo coinvolgimento nei crimini di cui era accusato, e lo libera da ogni accusa.

Le domande che avremmo voluto fare per gli amici e i parenti delle vittime:

  1. Come si sente dopo la sentenza?
    “Oggi, con la sentenza finalmente pronunciata, quale è il vostro stato d’animo? Siete soddisfatti del verdetto?”
  2. Avevate avuto qualche segnale o sospetto sulla gestione della Tirrito prima del Blitz di gennaio 2023?
    “Prima che scoppiasse l’inchiesta e il blitz di gennaio 2023, avevate notato qualcosa di strano nella gestione della RSA da parte della Tirrito? C’erano segnali o sospetti che vi facevano preoccupare?”
  3. Ci sono ancora punti oscuri su cui indagare oppure la sentenza di oggi e il processo chiariscono ogni punto su questa vicenda?
    “Secondo voi, la sentenza e il processo hanno chiarito ogni aspetto della vicenda o ci sono ancora dei punti oscuri che necessitano di ulteriori indagini?”
  4. Come hanno reagito gli anziani che vivevano nella RSA? Si sono sentiti defraudati o stupiti o la difendono?
    “Gli anziani che vivevano nella RSA, se ci sono stati momenti di contatto con loro, come hanno reagito alla vicenda? Si sono sentiti traditi e defraudati o alcuni di loro continuano a difendere la gestione della struttura?”

Le domande per il Pubblico Ministero:

  • È soddisfatto della sentenza?
    “Ora che la sentenza è stata emessa, è soddisfatto del verdetto? Pensa che la giustizia sia stata fatta in questo caso?”
  • Come faceva la Tirrito a prendere in carico gli anziani?
    “Può spiegarci come la Tirrito riusciva a prendere in carico gli anziani nella sua struttura? Quali erano le modalità di selezione o accoglimento?”
  • Chi glieli dava?
    “Chi si occupava di indirizzare gli anziani alla Tirrito? Ci sono stati enti o figure specifiche che avevano il compito di affidare queste persone alla RSA, o era tutto gestito privatamente?”
  • C’era un sistema di assistenti sociali compiacenti?
    “Durante le indagini, è emerso che esisteva un sistema di assistenti sociali compiacenti che collaboravano con la Tirrito per facilitare l’ingresso degli anziani nella sua struttura?”
  • La Tirrito gestiva quella che formalmente era solo una casa privata, nessuno controllava?
    “La struttura della Tirrito era formalmente una casa privata, ma c’erano dei controlli da parte delle autorità? Come mai questa situazione è sfuggita a lungo al controllo delle istituzioni?”

Le nostre domande al sindaco di Ardea Fabrizio Cremonini

Perché l’amministrazione comunale non si è costituita parte civile in questo processo? Quali sono le motivazioni dietro questa scelta?

Finisce così questa giornata al tribunale di Frosinone di Assise dove l’omicidio con dolo eventuale cade ma che segna una nuova pagina di cronaca nera sul litorale romano dove giustizia e’ stata fatta si ma solo in parte.

Il parere di uno dei parenti delle vittime

 

Mauro Delicato

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